Zu-Ferm

‘iao, mi chiamo Massimo ed ho 38 anni. Insieme a mia moglie Alessandra, un mese or sono, abbiamo deciso di “ adottare “ un essere vivente in difficoltà. Il suo caso non sarebbe andato in televisione,… non si sarebbero aperti dibattiti o confronti culturali. E non credo tanto perchéla vicenda non potesse essere degna di attenzione,.. ma piuttosto perché questo tipo di fatti, di rapporti, con “ l’ altro “,si possono relazionare solamente con quell’ imperscrutabile universo personale che è il nostro mondo interiore. Ognuno ha il suo. Alcuni colorati con toni più vivaci, altri meno. Il nostro mondo era ed è inscindibile dalla natura. Non il vivere “ per “ la natura,… ma semplicemente “insieme” alla natura . Non siamo oltranzisti e viviamo e lavoriamo ogni giorno come ognuno di voi, che leggete queste righe, ed abbiamo il“tempo contato” come tutti coloro che lavorano 6 giorni su sette.

vendone la possibilità ( di spazio ), abbiamo deciso di dare una mano a quegli essere che hanno decisamente meno voce di noi per gridare il loro dolore, per potere chiedere aiuto al prossimo. E così dai cani ( due ), alle caprette ( due ), oche, galline, conigli, e quattro gatti trovatelli ed ampiamente sfortunati ( ora non più ), abbiamo adottato un cavallo. Bisogna amare gli animali per decidere di spendere grandissima parte del proprio tempo libero al servizio delle loro necessità,… ma solo chi ha fatto questa scelta sa quello e quanto queste vicende donano e arricchiscano. Non avevamo mai avuto esperienze con un cavallo. O meglio, non più di una cavalcata con amici della durata di neppure un ora nella quale ci siamo convinti che a) forse il cavallo non è venuto al mondo con un uomo in groppa b) forse anche le nostre ginocchia e il nostro posteriore avrebbero avuto posti migliore dove passare quei lunghi minuti c) non avremmo mai più cavalcato. Eppure ero e rimango assolutamente convinto che non bisognerebbe considerare di prendere un cavallo solo perché lo si può cavalcare.Abbiamo dato disponibilità, contattato Angela e Luca e dopo la verifica dello spazio e la conoscenza personale abbiamo avuto la possibilità di avere Zu.O meglio, noi non avevamo dato preferenze. Di nessun tipo. Sarebbe potuto arrivare uno sfortunato cavallo infortunato,… maltrattato, …prossimo al macello. Ovviamente non ci preoccupavamo se fosse stato cavalcabile o meno.
ra tanta l’ eccitazione. Ogni giorno andavo nei campi per pianificare la sua felicità,… la nostra felicità. In una settimana, rubando alla pausa pranzo quanche caloria, ho approntato sotto il tetto del vecchio fienile, una costruzione al riparo dal vento con paglia come lettiera, vasche d’ acqua ( un centinaio di litri ), il cane elettrico a delimitare quello che doveva essere il paddock. E poi il campo più vicino ( in questa stagione non volevo averlo troppo distante dal ricovero notturno ) delimitato da nastro bianco 4 cm. Un paio di ore passate in un negozio specializzato a famigliarizzare con striglia, brusca, capezza, lunghina, coperta da box e da paddock,… il rotolo di sale. Eppoi alla sera Internet, tutto il documentabile,.. le chiaccherate con Luca, i consigli preziosissimi.

 

Un giovedì poi anche grazie a Marinella ed a suo marito, verso le 13 è arrivato. Per chi non ha già fatto quest’ esperienza, trovarsi davanti ad un colosso di 400 e più chili, è quantomeno destabilizzante. Non è il cagnolino che te lo fai saltare addosso scodinzolante.

 

 

E’ un qualcosa che affascina ed intimorisce allo stesso tempo. Io non ho mai avuto paura egli animali. Più spesso mi preoccupo quanto possano essere loro ad avere di me una impressione sbagliata, magari dovuta a loro esperienze passate. L’ ho accarezzato delicatamente sul muso,… ho ascoltato il suo passo pesante,.. e non riuscivo a non pensare che una mia mossa sbagliata, improvvisa, un gesto inopportuno avrebbe potuto determinare una reazione di paura nel cavallo e quindi, potenzialmente, pericolosa.

llo stesso tempo mi sembrava impossibile che quei grandi occhioni neri potessere essere capaci di fare qualcosa di male, seppure involontariamente. Trasmettevano una grande,… direi … saggezza. Ho scortato Zu nei trecento metri che ci separavano dalla sua nuova casa e continuavo a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta, se non avessi fatto il classico passo più lungo della gamba. Lo abbiamo liberato nel prato e dopo pochi minuti ha fatto un po di corsa, un qualche calcio al vento e poi e tornato a brucare quella che doveva sembrargli erba ma che in realtà era solo quello che un prato di fine novembre sa offrire. Poi ilpaddock. Mi sono alimentato dei consigli che Luca ( accorso puntuale in mio aiuto ) e Marinella mi hanno saputo dare,…degli accorgimenti che mi suggerivano, della loro esperienza, fondamentale nel farti affrontare una esperienza del genere.Poi soli. Io e lui. E ho cominciato a parlargli perchè mi conoscesse, perché capisse anche dal tono della voce e dai modi che era al sicuro, che ero un amico o che comunque cercavo in tutti i modi di esserlo, che non lo avrei tradito. Mai.
a allora mi alzo alle 6:45 del mattino per andare a dargli la razionee vedere come ha passato la notte, poi vado dalle 13 alle 15 e torno ancora alle 19. Ero preoccupato di tutto. Dalla scelta del cibo, la quantità giusta, il bere, il regolare funzionamento dell’ intestino, il freddo di questi giorni. E volta dopo volta iomparavo qualcosa di nuovo. Quel colosso di 400 chili, non era più pesante dei miei cani quando la sua bocca cercava nella mia mano un pezzo di carota, e il suo passo silenzioso nei campi non era differente da quello delle caprette, nel suo accompagnarmi fianco a fianco nelle passeggiate. Quel colosso di 400 chili assomigliava sempre di più al mio amico Zu. Qualche accorgimento nel farsi riconoscere ( sempre parlandogli ) prima dientrare nel box, tanto contatto, tante parole. Eppoi il famialiarizzare con quella specie di colla che i semi di lino cotti fanno,… le maledizioni della moglie che lava i fornelli,… le coccole per rabbonirla.

Stasera nevicava e faceva molto freddo. Ho immaginato quei 400 chili del mio amico Zu, solo al buio, con una manciata di dubbi, una montagna di ricordi e fiumi di punti interrogativi sul proprio domani. Sono partito e sono andato a trovarlo. Un ora per liberare una stanza e metterci i cani( al caldo ), un ora per approntare la stalla in disuso ma assolutamente non fredda, e poi ho trasferito per la notte il mio amico. I suoi occhioni, nella penombra sembravano cercare conforto nella fiducia che mi stava riponendo, e poi, la pietanza ed il fieno nella mangiatoia hanno confermato la bontà della scelta ( sua ) nell’ avermi seguito.Sono stato li a parlargli ancora un’ oretta, perché non si sentisse solo in un luogo a lui sconosciuto. Poi sono uscito e ci siamo guardati in un “arrivederci a domattina”. Non so se lui credesse che io fossi felice in quel momento… ed io non ero certo che lui lo fosse a sua volta. Forse. Ma gli alberi e i fiocchi di neve, di sicuro, ci sentivano ridere a crepapelle.